|
Facciata E’ un interessante esempio del perdurare del gusto rinascimentale in ambienti provinciali del tardo ?600 con accenti rigorosi, equilibrati, eleganti. Due paraste impostate su alti plinti, la rinserrano e sostengono il timpano; all’interno di questo spazio un finto arcone (di gusto rinascimentale), evidenzia esternamente la navata illuminata da un finestrone centinato. Il portale è sormontato da un portico che interpreta in modo classico il protiro medioevale. Anticamente la facciata era dipinta con toni intensi e decorata con figure allegoriche della Fede e della Carità ormai scomparse.
Interno E’ a navata unica fiancheggiata da due pseudo navate costituite da Cappelle laterali. L’accorciamento dall’abside non ha falsato i volumi inizialmente più imponenti e scenografici.
Lato destro 1° Cappella: di patronato della famiglia Sardi, è detta dell’”Epifania”, o dei “Re Magi”, per la pala dell’altare dipinta da Giancarlo Aliberti nel 1700. Dello stesso artista la piccola cimasa con la Natività e gli affreschi del sottarco. Le pareti laterali sono affrescate con pitture attribuite all’Aliberti o alla sua scuola e rappresentano i “Re Magi al cospetto di Re Erode, la strage degli Innocenti, il sogno di S. Giuseppe, la fuga in Egitto”. Restauri approssimativi hanno reso illeggibili gran parte delle opere. La Cappella è un prezioso esempio di decorazione a stucco di gusto seicentesco, purtroppo pesantemente degradata.
2° Cappella: oggi del Sacro Cuore ma un tempo dedicata all’Angelo Custode. Fu realizzata nel 1689 per volere di Gerolama Cacheramo Scarampi Crivelli, ultima marchesa di Canelli. Modificata nell’800 e spogliata nell’ultimo dopo guerra. Rimane l’ancona in stucco seicentesco ma deturpata da pitture moderne. La Mensa è del ?900. La volta della cappella è decorata da un bellissimo affresco di C. Gorzio della seconda metà del settecento.
3° Cappella: è della Compagnia del Rosario. Le pareti sono decorate con pitture “eclettiche” di Davinci Aliberti, artista canellese nel ?900. La pala d’altare con la Madonna del Rosario del 1698, è una delle prime opere documentate di G. Aliberti. Il pregevole altare marmoreo è dei fratelli Pelagatta (1775). Nella stessa Cappella, in un armadio a vetri del 1725, è custodita la “macchina” processionale della Madonna del Rosario, realizzata nel 1711 dallo scultore astigiano Giovanni Battista Bonzanigo. E’ una pregevole opera barocca sormontata dal ricco baldacchino e da quattro angioletti che accompagnano la Sacra Rappresentazione. Il gruppo processionale della “Madonna del Rosario” riveste particolare interesse per capire la figura dell’autore: il Bonzanigo al quale viene attribuito con documentazione formale. Commissionato nel 1711 dai confratelli del S. S. Sacramento, segna un periodo in cui i gruppi processionali avevano particolare interesse e divulgazione. L’autore, in questa opera, denuncia un solido mestiere ed intuizioni spettacolari (tipici dell’epoca). La modellazione è morbida e raffinata specialmente nei volti; le pieghe delle vesti ed ancor più del manto mostrano un andamento fluido ed avvolgente che accentua la regalità del gruppo. La visione d’insieme, unitamente alle decorazioni floreali, sembra evocare il festevole evento processionale.
Lato sinistro 1° Cappella dall’ingresso, un tempo dedicata a S. Anna è oggi adibita a Battistero. Interamente rifatta è affrescata con scene dell’Antico e Nuovo Testamento, opere del Laiolo (XX sec.).
2° Cappella: in origine dedicata a S. Giacomo, aveva un altare in legno dorato, sostituito nel primo decennio del XX° sec. da un altare marmoreo su cui fu collocata la pala di S. Giacomo, opera di G. Aliberti datata 1714. Dalla vicina chiesa di S. Rocco proviene la pala “S. Rocco tra gli appestati”, sempre dell’Aliberti sistemata sulla parete sinistra. La Cappella era di patronato della famiglia Ravazza.
3° Cappella: della Compagnia dello Spirito Santo, ha un altare marmoreo del 1774 (Pelagatta), ora molto deteriorato. Pregevole la pala raffigurante la “Pentecoste”, opera giovanile dell’Aliberti ancora influenzato dal tardo manierismo romano. La Cappella era affrescata con finte architetture del primo settecento eseguite dal canellese Vanzino ma inspiegabilmente coperte da una tinteggiatura rossastra.
Presbiterio e Coro La balaustra marmorea (Pelagatta 1796), delimita il Presbiterio. L’altare Maggiore (Pelagatta 1749) fu sistemato al posto del precedente demolito in seguito alle modifiche strutturali dovute alla riduzione dell’abside.
La volta del presbiterio, affrescata dal Gorzio e dal De Carvalho, pittore di Lisbona, nel 1766, rappresenta il Trionfo della Religione sulle quattro parti del mondo; opera interessante che in passato fu attribuita all’Aliberti. Del Gorzio sono i dipinti affrescati alle pareti con storie di Abramo, Isacco e Giacobbe (qualità inferiore dei precedenti).
Nel 1757 Gorzio dipinse la pala della “Madonna, S. Leonardo e Clodoveo re dei Franchi”; con il De Carvalho realizzò le decorazioni, a tromp-d’oeil, nella parete di fondo. Architetture e figure allegoriche creano l’illusione dell’abside soppressa. Il coro, i cui venti stalli sono stati scolpiti nel 1656 per la precedente parrocchiale e modificati nel 1686 per la nuova sistemazione, è degno di nota per le sue sculture.
Volta della navata Fu dipinta da Carlo Gorzio con aiuto del De Carvahlo e ultimata nel 1768. E’ un interessante ciclo barocchetto influenzato dai pittori Pozzo, attivi in quegli anni nell’astigiano. Entro esuberanti decorazioni a “rocailles” con ghirlande e fiori, sono campite la “gloria di S. Leonardo, la Vergine e S. Giuseppe”. L’affresco fu restaurato in questo secolo dal pittore canellese G. Olindo, i medaglioni monocromi del Gorzio, furono sostituiti da ritratti di Santi a forte contrasto, rompendo l’euritmia più delicata dell’epoca barocca. La volta del Gorzio, per l’esuberante apparato cromatico, per la fastosità delle tinte, per la spigliata sicurezza del disegno, e soprattutto per la sua integrità appena scalfita dall’Olindo, rappresenta un eccezionale documento d’arte, praticamente unico in tutto l’Oltretanaro, dove non sono noti cicli barocchetti di tale complessità, vastità ed impegno. Nella stessa Asti, che pure vanta superbi cicli affrescati del primo settecento, non esiste niente di simile ad esclusione dei dipinti del Carloni in Duomo, di almeno 20 anni più tardi. La chiesa, che verso la metà del ?700 fu sede del Vicario Foraneo diocesano, disponeva di una ricca dotazione di argenti, paramenti di gran pregio, sculture, reliquari. Saccheggiata più volte da eserciti nemici (nel 1696 gli alemanni la depredarono fortemente) e da ladri locali, del patrimonio iniziale non rimaneva traccia già all’inizio di questo secolo. |